lunedì 18 giugno 2012

La lotta ai clandestini riparte da Gheddafi

Ecco l'accordo Italia-Libia: una fotocopia di quello siglato con il dittatore

GUIDO RUOTOLO

roma
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Saranno poco più di duemila, divisi tra Sicilia e Calabria, gli immigrati clandestini sbarcati sulle nostre coste nei primi sei mesi del 2012.

Percentuali risibili, infinitesimali se confrontate a quelle degli anni passati.

E’ vero, Gheddafi usava i clandestini come una clava contro l’Italia e l’Occidente. E di fronte a un paese, la Libia, dove con il dopo Gheddafi regnano le milizie, i clan, le tribù e un esercito nazionale e forze di polizia sembrano, il timore di possibili nuovi esodi di massa di clandestini verso l’Europa, e cioè l’Italia, non è campato in aria.

E invece, grazie all’accordo tra Libia e Italia per il contrasto all’immigrazione clandestina e al fatto che, evidentemente, proprio per l’instabilità di quel paese i flussi provenienti dal Corno d’Africa e dalla fascia dei paesi subsahariani sembrano essersi ridotti di molto, la pressione degli immigrati irregolari verso l’Italia non si fa (ancora) sentire. O meglio, non è critica come in passato.

Venerdì Amnesty International ha denunciato che il 3 aprile scorso, a Tripoli, è stato siglato un accordo segreto tra l’Italia e la Libia sull’immigrazione clandestina che autorizza le autorità italiane a intercettare i richiedenti asilo e a riconsegnarli ai soldati libici.

«Nel quadro del consolidamento dei rapporti di amicizia tra la Libia e la Repubblica Italiana, dei trattati e degli accordi bilaterali finalizzati al rafforzamento di relazioni privilegiate in materia di contrasto all’immigrazione clandestina...». E ancora: «L’Italia si impegna ad avviare immediatamente il programma delle forniture relativo a mezzi tecnici e attrezzature».

«La Stampa» è venuta in possesso dell’accordo siglato dai ministri dell’Interno italiano, Annamaria Cancellieri, e libico, Fawzi Altaher Abdulati il 3 aprile, a Tripoli.

L’accordo - processo verbale della riunione tra le due delegazioni - sembrerebbe riconfermare in sostanza tutte le vecchie intese siglate da Roma e Tripoli, al tempo di Gheddafi. Compresa, evidentemente, quell’intesa contestata anche dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo sui respingimenti in mare.

Si legge nell’accordo di aprile: «Adoperarsi alla programmazione di attività in mare negli ambiti di rispettiva competenza nonchè in acque internazionali, secondo quanto previsto dagli accordi bilaterali in materia e in conformità al diritto marittimo internazionale».

L’accordo rafforza la cooperazione tra i due Paesi. In materia di formazione, semaforo verde per «il programma di addestramento in favore degli ufficiali della polizia libica su tecniche di controlo della polizia di frontiera (confini terrestri e aeroporti); individuazione del falso documentale e conduzione delle motovedette».

Inoltre l’Italia allestirà presso la nostra ambasciata di Tripoli, un «centro di individuazione di falso documentale», i libici, invece, nel porto della capitale, forniranno le strutture per un centro di addestramento nautico.

Kufra è l’ultima oasi a sud della Libia, ai confini con l’Egitto, il Sudan, il Ciad. Ed è sicuramente una delle principali porte d’ingresso dei flussi di immigrati o richiedenti asilo che arrivano dal Corno d’Africa.L’accordo del 3 aprile stabilisce l’inizio della costruzione di un «centro sanitario a Kufra per garantire i servizi sanitari di primo soccorso a favore dell’immigrazione illegale».

Materia controversa è quella dei centri di accoglienza in Libia, Paese che non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 1951 sul rispetto dei diritti umani. Nella fase finale del regime di Gheddafi le agenzie internazionali che si occupano di diritti umani e di immigrazione hanno sempre denunciato la violazione dei diritti umani in questi centri d’accoglienza.

Quella Libia dovrebbe essere andata in pensione, con la Rivoluzione del 17 febbraio. E adesso, il 7 luglio, con le elezioni per l’Assemblea costituente, il nuovo parlamento dovrebbe elaborare e approvare una nuova Costituzione.

Naturalmente, i ministri dell’Interno di Roma e Tripoli hanno ribadito nel documento sottoscritto da entrambi l’impegno per il rispetto dei diritti dell’uomo, parlando per esempio dei «centri di accoglienza, durante la permanenza degli immigrati illegali». E, soprattutto, hanno annunciato di voler coinvolgere con urgenza «la Commissione Europea affinchè fornisca il proprio sostegno a ripristinare i centri di accoglienza presenti in Libia».

Nel processo verbale dell’incontro del 3 aprile a Tripoli si legge ancora: «Tenendo presente i precedenti accordi e la determinazione della Libia di fondare un nuovo Stato basato sulla democrazia e su principi di diritti umani universalmente riconosciuti... in un clima in cui ha prevalso la comprensione, l’armonia e il reciproco rispetto, le due parti hanno concordato...». Insomma, se son rose fioriranno.

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/458843/

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