Ginevra: durante l’incontro annuale del comitato
esecutivo dell’Unhcr, l’assistente dell’Alto commissariato per la
Protezione Erika Feller ha rinnovato l’appello per una maggiore volontà
politica da parte degli Stati e per maggiori fondi per assistere i 42.5
milioni di rifugiati, richiedenti asilo, sfollati e apolidi, a seguito
del recente acuirsi delle emergenze umanitarie in Africa e nel Medio
Oriente.
Esodi di massa si sono verificati in Siria, in Sudan, in Mali e
nella Repubblica Democratica del Congo, per un totale di 700.000
rifugiati in più solo questo anno.
“La volontà politica degli Stati di risolvere il problema è più che
altro simbolica e ci sono prove preoccupanti dell’atteggiamento
prevalente tra gli Stati, del tipo -Sì, comprendiamo la vostra
situazione, ma per favore risolvetela da qualche altra parte -”,
denuncia Erika Feller, che sottolinea anche quanto l’Unhcr sia a corto
di fondi, tanto che recentemente ha dovuto chiedere ulteriori 40 milioni
di dollari per i rifugiati congolesi e 106 per quelli siriani.
Ricorrendo all’esempio del Mali, la signora Feller spiega che i Paesi
confinanti, preoccupati dalla vicinanza di vasti campi profughi ai loro
poco difesi confini, offrono la minima assistenza agli sfollati. Una
carenza dei fondi e le difficoltà nel raggiungere le aree più remote
significa che è estremamente difficile proteggere i rifugiati e in
particolare impedire che i bambini siano reclutati come bambini soldato o
sfruttati sessualmente.
Inoltre, continua Erika Feller, c’è urgente bisogno di luoghi di
reinsediamento, in quanto attualmente una sola sistemazione è
disponibile ogni 10 rifugiati. Questo appello fa eco a quello lanciato
il 1° ottobre dall’Alto commissario per i rifugiati António Guterres,
che aveva esortato gli Stati a fare di più per aiutare quei Paesi che
ospitano il maggior numero di rifugiati, ivi compresi fondi per il
sostegno all’integrazione nel Paese ospitante.
“Assistere e proteggere coloro che ne hanno bisogno deve implicare un
approccio che dia primaria importanza alla compassione umana, – continua
Erika Feller. – Lavorare per i rifugiati significa aiuto e sviluppo, è
una rete legale di convenzioni, diritti umani, leggi nazionali e
richieste di asilo, e il reinsediamento è il suo focus. [...] Bilanciare
queste realtà rendendo giustizia alle storie individuali è una delle
sfide più grandi della protezione dei rifugiati”.
(Samantha Falciatori - corriere immigrazione)Etichette: mai-piu-respinti
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